Luigi Mari

LUIGI MARI, FONDATORE DELLA BIENNALE

La originalità delle vicende umane a volte fa nascere in piccole città personaggi eccezionali; è il caso del dottor Mari, al quale la definizione che più si addice è quella scritta da un grande intellettuale, Leonardo Borgese: «coraggioso, attivo, sereno e saggio, sicuro di speranza e di fede anche nel dolore, caricaturista e ritrattista, medico all’antica con ancora quel di magico, di religioso che del curare fa un’arte».

Luigi Mari nasce a Tolentino nel 1907 da una famiglia della media borghesia proprietaria di una rinomata tipografia; è nipote di un valente ritrattista e caricaturista, Cesare Marcorelli, che lo inizia all’uso delle matite e dei pennelli. Dopo gli studi a Roma e Bologna si laurea in medicina e sceglie di esercitare la sua professione in Eritrea. Ritorna a Tolentino dopo la guerra e subito comprende che occorre dare un punto di riferimento, un senso civico alla città, allora molto piccola nel centro in quanto la maggior parte della popolazione era in campagna, ma già in fase di sviluppo economico nelle direzioni della lavorazione della pelle e delle fonderie. Mari fonda la filodrammatica, che vedrà partecipi due generazioni di tolentinati. Commedie, drammi, riviste, alcune scritte dallo stesso Mari, sono il luogo del coagulo della città, che in queste occasioni si ritrova, dibatte i suoi temi e problemi, prende coscienza di essere città in sviluppo. Fonda inoltre la sezione cittadina della gioventù musicale. Questa sua leadership, questo suo impegno a creare un’anima alla sua Tolentino, sfocia nella sua elezione a Sindaco, carica che ricopre dal 1951 al 1960. Nei due mandati da Sindaco, portati avanti con fermezza, realismo e oculatezza, non solo i bilanci sono in pareggio ma Mari reperisce anche risorse per realizzare alcune importanti infrastrutture che ancora oggi sono il vanto della città. In seguito ricopre la carica di Presidente del club Rotary di Macerata.

Mari dota la città di infrastrutture e servizi ma ritiene che sia necessario promuoverne l’immagine all’esterno e nessuna promozione di un qualche risalto può prescindere dall’aspetto culturale. Allora ha un’intuizione: ricordando lo zio Marcorelli, fonda la Biennale dell’Umorismo nell’Arte, coinvolgendo in questa iniziativa i più eminenti intellettuali italiani. Basti dire che nelle prime tre edizioni facevano parte delle giurie Cesare Zavattini, Amerigo Bartoli, Bruno Molaioli, Mino Maccari, Leonardo Borgese, Virgilio Guzzi, Mario Rivosecchi. Mari riesce a sensibilizzare, a livello nazionale e poi internazionale, gli umoristi della penna, della matita, del pennello, della carta stampata e del cinema e li fa partecipi del suo progetto che nel 1970 sfocia nel Museo della caricatura. Mari è un uomo di grandi risorse spirituali, convinto che la più alta dimostrazione del rispetto della vita stia nel mettersi al servizio dell’uomo nelle sue varie sfaccettature, cosa che lui fa come medico, commediografo e regista, sindaco della città, rotariano ed infine come ideatore, promotore e realizzatore della Biennale. Forse Mari sceglie la caricatura per esaltare una forma d’arte che fa sorridere ma anche pensare, per offrire un piccolo raggio di serenità a questa umanità smarrita ed afflitta da tante preoccupazioni. Per dirla con le parole di Padre Domenico Gentili: «il nostro sorridere è indice di un diletto estetico derivato dalla intuizione di una forma pura, cioè un prodotto dello spirito umano posto in un particolare rapporto di critica, di liberazione o anche di beffa al principio di casualità. Perché sorridere è liberazione, è catarsi, è superamento dei rigidi e meccanici schemi delle cose che non possono essere diverse da come sono, è incontro talora amichevole, o ironico, o bonario o anche beffardo con l’irrazionale; è evasione dal mondo della realtà quotidiana della vita che per la maggior parte degli uomini è cosa tremendamente seria».

 

Ermanno Pupo