“Un vignettista di concetti, sogni ad occhi aperti e allegorie enigmatiche”. Così Le Monde ricordava nell’ottobre 2011 Jean Gourmelin, morto in quei giorni a novantuno anni. Nel centenario della sua nascita (avvenuta a Parigi il 23 novembre 1920) Biumor coglie l’occasione e omaggia questo importante disegnatore di idee, selezionando una sua opera come veste grafica dell’edizione 2020.
Si tratta di una vignetta con la quale Gourmelin partecipò alla IV Biennale dell’Umorismo nell’Arte, che si tenne nel 1967, e che ricevette una segnalazione di merito per il suo forte impatto.
A calendario sabato 28 novembre e domenica 29 novembre, il festival dell’Umorismo rifletterà sulla stupidità.
Una riflessione che ben si sposa con il potere evocativo di Gourmelin, celebre per il suo mondo dell’assurdo e del fantastico, di influenza surrealista.
Nell’opera di Gourmelin scelta da Biumor, le due figure che sorreggono la scala vanno (paradossalmente) in direzione opposta, finendo inevitabilmente per scontrarsi all’infinito. Un’immagine potente di un equilibrio fuori da ogni logica, che ricorda tutta la spettacolarità degli sketch alla Buster Keaton.
Una scala che non porta da nessuna parte, una scala che non viene portata da nessuna parte.
La stupidità si manifesta anche nei gesti che Gourmelin ha saputo brillantemente interpretare. “La cosa più difficile è scoprire dove vuole condurci Gourmelin, ed il pericolo è che ci possa portare lontano, molto lontano dalla nostra realtà e dalla vita di tutti i giorni”, diceva di lui lo scrittore francese Philippe Soupault, citato nel catalogo della mostra retrospettiva che il Centre Georges-Pompidou gli ha dedicato nel 2008.
BREVE BIO
Gourmelin inizia a disegnare già all’età di 5 anni. A 15, lascia Parigi con la famiglia, direzione Vendôme, dove il pittore Charles Portel lo introduce alla tecnica della carta da parati. Qui inizia a farsi un nome.
A vent’anni torna a Parigi e perfeziona le sue capacità di disegno alle arti decorative e all’Académie de la Grande Chaumière.
Nel 1945, di nuovo a Vendôme, entra a far parte della bottega del famoso maestro vetraio Max Ingrand. Lavora con lui per ventitré anni. Ma degli incontri importanti lo portano a confrontarsi con il fumetto e la stampa e inizia un incessante e coraggioso lavoro, che lo vede collaborare con Le Point, Le Figaro, Hara-Kiri, Pilote, Elle, Le Monde, Le Monde diplomatique.